Fotonica e optoelettronica
OPTOELETTRONICA
Un team di ricerca italiano ha scoperto come controllare la polarizzazione della luce sfruttando i processi di interazione luce-materia in materiali semiconduttori come il germanio
07.08.2018
Testo dell’articolo
La polarizzazione è una caratteristica delle onde: nei terremoti, ad esempio, ne determina il carattere sussultorio o ondulatorio, mentre nei segnali televisivi consente di ricevere senza disturbi i canali desiderati. I ricercatori hanno dimostrato sperimentalmente che irraggiando il germanio con una opportuna luce laser è possibile iniettarvi elettroni dotati di spin. La rotazione di queste particelle elementari ha un forte impatto sulla luce riemessa dal materiale. In questa ricerca è stato infatti dimostrato che lo spin degli elettroni può essere controllato variando la sola esposizione del materiale a uno stimolo ottico. Questo ha portato alla scoperta di un metodo sorprendentemente facile ed immediato per modificare arbitrariamente la polarizzazione della luce riemessa nell’infrarosso a frequenze naturalmente compatibili con la trasmissione in fibra. Il controllo della polarizzazione per la comunicazione di dati alle frequenze utili per la trasmissione in fibra ottica, come nel caso di internet veloce a banda larga, richiede l’utilizzo di dispositivi ottici massivi o, in alcuni casi, dell’utilizzo di elettromagneti.
Ora, con la realizzazione di sorgenti di luce che consentono di controllare direttamente e on demand la polarizzazione sarà possibile trasmettere un maggior flusso di dati e realizzare dispositivi integrati, miniaturizzati e a basso costo come LED capaci di emettere luce infrarossa e fabbricati direttamente su microchip. L’ingegnerizzazione di processi fisici fondamentali in materiali tecnologicamente rilevanti come quelli conseguiti in questa ricerca aprono nuove prospettive nella realizzazione di dispositivi integrati che siano in grado di offrire nuove funzionalità. Ricadute future si potranno avere in sistemi per la trasmissione e l’elaborazione dei dati e in metodi diagnostici non invasivi basati sulla rivelazione ottica di molecole o marker biologici.
Testo redatto su fonte Università di Milano-Bicocca del 31 luglio 2018
Per approfondimenti: Optically reconfigurable polarized emission in Germanium, DOI: 10.1038/s41598-018-29409-3 – Scientific Reports | 24.07.2018
Image credit: Stephen Alvey/Michigan Engineering
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CIRCUITI FOTONICI
Una ricerca italiana dimostra la possibilità di creare dei quantum dot con una semplice tecnica di scrittura laser che permette di controllarne posizione e lunghezza d’onda
30.05.2018
Testo dell’articolo
I ricercatori del Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Firenze, in collaborazione con il gruppo dell’Università la Sapienza di Roma e il gruppo dell’Istituto di Fotonica e Nanotecnologie del CNR di Roma, hanno dimostrato la possibilità di creare dei QDs grazie a una semplice tecnica di scrittura laser che permette di controllarne sia la posizione che la lunghezza d’onda della luce emessa. Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista Advanced Materials nell’articolo “Site‐Controlled Single‐Photon Emitters Fabricated by Near‐Field Illumination“.
Nei QDs gli elettroni del materiale, risentendo delle piccole dimensioni in cui sono costretti, dell’ordine di pochi nm, mostrano effetti quantistici molto evidenti. Uno di questi effetti è la capacità di emettere un singolo fotone per ogni impulso ottico o elettrico ricevuto, caratteristica che li rende particolarmente adatti alle tecnologie quantistiche.
Per poter realizzare un complesso dispositivo fotonico è necessario posizionare i QDs con le giuste caratteristiche in punti ben definiti del dispositivo. Condizioni che le attuali tecnologie permettono solo in parte e a patto di usare complicati processi litografici.
La tecnica per fabbricare QDs si basa sulle proprietà di un materiale semiconduttore, l’arseniuro-nitruro di gallio idrogenato (GaAsN:H), e sulla possibilità di focalizzare su una piccolissima porzione di esso un fascio di luce laser, usando una fibra ottica dotata di una punta di circa 100 nm. La luce laser permette di rimuovere l’idrogeno nella zona illuminata, creando così dei QDs di GaAsN in una matrice di GaAsN:H. La possibilità di muovere la punta a piacimento consente di fabbricare i QDs con una precisione migliore di 100 nm e, regolando la potenza del fascio laser e il tempo di esposizione, è possibile variare la loro dimensione e quindi, di conseguenza, la loro lunghezza d’onda di emissione. Lo sviluppo di questo metodo rappresenta dunque un significativo passo avanti per la realizzazione di circuiti fotonici completamente integrati, utili per le future tecnologie quantistiche.
Testo redatto su fonte CNR del 28 maggio 2018
Per approfondimenti: Site‐Controlled Single‐Photon Emitters Fabricated by Near‐Field Illumination – Advanced Materials | 02.04.2018
Image credit: Peter Allen/Institute for Molecular Engineering, University of Chicago
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PLASMONICA
Una ricerca italo-tedesca potrebbe portare allo sviluppo di interruttori ad elevate velocità di commutazione, e quindi alla realizzazione di dispositivi elettronici ultraveloci
24.11.2017
Testo dell’articolo
Il risultato di questa ricerca, pubblicato su Nature nanotechnology nell’articolo “Femtosecond photo-switching of interface polaritons in black phosphorus heterostructures“, potrebbe portare a interruttori con velocità di commutazione enormemente maggiori rispetto a quelle dei più avanzati transistor attuali e quindi alla possibilità di costruire dispositivi elettronici ultraveloci.
La soluzione è stata utilizzare, anziché un metallo, uno dei nuovi materiali bidimensionali: il fosforene impilato in una struttura a strati dello spessore di un singolo atomo. Nel metallo le onde elettroniche sono sempre presenti, mentre nella struttura realizzata dai ricercatori di Pisa si generano elettroni che si muovono solo irraggiandoli con intensi impulsi luminosi, altrimenti la struttura è come “spenta”. Ma appena il primo impulso laser genera gli elettroni liberi, un impulso successivo produce l’onda di plasmoni di superficie e si passa a uno stato “acceso”.
Utilizzando un apparato di misura unico a livello mondiale per la sua risoluzione spaziale e temporale elevatissima, gli scienziati hanno misurato tempi di commutazione nella scala dei femtosecondi (milionesimi di miliardesimo di secondo, cioè 0,000 000 000 000 001 secondi) e quindi molti ordini di grandezza più veloci rispetto ai migliori transistor esistenti.
Nell’elettronica tradizionale sono i transistor che, con la loro capacità di far passare o meno un segnale, accendono e spengono un dispositivo. Ora la possibilità di passare da uno stato “on” a uno stato “off” rapidamente, controllando l’accensione e lo spegnimento di onde di plasmoni, è estremamente incoraggiante per una futura elettronica ultra-veloce basata sui plasmoni di superficie.
Testo redatto su fonte CNR del 22 novembre 2017
Per approfondimenti: Femtosecond photo-switching of interface polaritons in black phosphorus heterostructures – Nature Nanotechnology | 12.12.2016
Image credit: Purdue University file image/Mikhail Shalaginov and Pamela Burroff-Murr
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DISPOSITIVI OPTOELETTRONICI
Un team di ricerca del CNR sviluppa un fotorivelatore in grado di convertire la luce infrarossa in corrente, integrando il silicio con un materiale emergente come il grafene
16.11.2017
Testo dell’articolo
Ricercatori dell’Istituto per la Microelettronica e Microsistemi dell’unità di Napoli del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IMM-CNR), in collaborazione con il Cambridge Graphene Centre (UK), hanno trovato il modo di convertire la luce infrarossa in corrente, integrando il silicio – materiale ormai maturo come tecnologia di fabbricazione di dispositivi grazie agli investimenti messi in campo dalla microelettronica – con un materiale emergente come il grafene: questo consente di avvicinare l’ipotesi di fabbricare fotorivelatori in silicio funzionanti nel vicino infrarosso.
La ricerca è pubblicata sulla rivista ACS Nano nell’articolo “Vertically Illuminated, Resonant Cavity Enhanced, Graphene–Silicon Schottky Photodetectors“.
I componenti a stato solido in silicio sono affidabili e garantiscono elevate prestazioni. Il grafene è caratterizzato da estrema resistenza (200 volte quella dell’acciaio), leggerezza (si può ricoprire un campo di calcio con sei grammi di grafene), conduzione di calore (superiore a quella del rame), elettrica e flessibilità. È stato scoperto che realizzando strutture ibride, è possibile combinare le proprietà di assorbimento ottico del grafene con la capacità di fabbricazione propria della tecnologia in silicio, realizzando strutture ottiche complesse in grado di intrappolare la luce infrarossa e incrementando così l’efficienza di conversione.
I risultati dei ricercatori napoletani puntano alla realizzazione di una nuova famiglia di dispositivi optoelettronici per realizzare supercomputer fotonici, in grado di funzionare non con la corrente ma, per esempio, con la luce proveniente dalle fibre ottiche delle reti FTTH (Fiber To The Home). La scoperta, inoltre, trova potenziale impiego anche nel campo delle telecomunicazioni, della sicurezza e biomedicale.
Testo redatto su fonte CNR del 15 novembre 2016
Per approfondimenti: Vertically Illuminated, Resonant Cavity Enhanced, Graphene–Silicon Schottky Photodetectors – ACS Nano | 26.10.2017
Image credit: Journal of the American Chemical Society (2017)/ACS Publications
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INTERFEROMETRIA LASER
Osservate per la prima volta in modo diretto le onde gravitazionali, un risultato straordinario ottenuto grazie alle avanzatissime tecnologie degli interferometri laser LIGO
12.02.2016
Testo dell’articolo
Le onde gravitazionali sono state rivelate il 14 settembre 2015 da entrambi gli strumenti gemelli di LIGO (Laser Interferometer Gravitational-wave Observatory) a Livingston (Louisiana, USA) e a Hanford (Washington, USA). Gli osservatori LIGO, finanziati dalla National Science Foundation (NSF) e operati da Caltech e MIT, hanno registrato l’arrivo delle onde gravitazionali entro una finestra temporale di coincidenza di 10 ms. L’importante risultato, annunciato su Physical Review Letters in “Observation of Gravitational Waves from a Binary Black Hole Merger” e su Science in “Gravitational waves, Einstein’s ripples in spacetime, spotted for first time“, è stato ottenuto grazie ai dati dei due rivelatori LIGO, dalla LIGO Scientific Collaboration (LSC) e VIRGO. Quest’ultimo, facente capo allo European Gravitational Observatory (EGO), è un interferometro laser progettato ideato, realizzato e condotto dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e dal Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS), con il contributo di Nikhef (Paesi Bassi) e in collaborazione con POLGRAW – Polska Akademia Nauk (Polonia) e Wigner Institute (Ungheria).
Le onde gravitazionali rivelate sono state prodotte nell’ultima frazione di secondo del processo di fusione di due buchi neri, di massa equivalente a circa 29 e 36 masse solari, in un unico buco nero ruotante di circa 62 masse solari: le 3 masse solari mancanti al totale della somma equivalgono all’energia emessa durante il processo di fusione dei due buchi neri, sotto forma di onde gravitazionali. I due buchi neri, prima di fondersi, hanno spiraleggiato, per poi scontrarsi a una velocità di circa 150.000 km/s, la metà della velocità della luce. L’osservazione conferma anche l’esistenza di sistemi binari di ‘buchi neri di massa stellare’, in particolare aventi massa maggiore di 25 masse solari. Il processo di fusione dei due buchi neri responsabile delle onde gravitazionali rivelate è un evento accaduto a 410 megaparsec da noi, e risale quindi a quasi un miliardo e mezzo di anni fa, quando sulla Terra facevano la loro comparsa le prime cellule evolute in grado di utilizzare l’ossigeno.
Rivelare le onde gravitazionali è un’impresa complessa perché l’interazione gravitazionale è la più debole dell’Universo. Fisici e Ingegneri hanno così progettato speciali rivelatori, la cui realizzazione ha richiesto soluzioni tecnologiche all’avanguardia. Sono gli interferometri laser, sofisticati apparati sperimentali costituiti da due bracci perpendicolari lunghi km (4 in LIGO e 3 in VIRGO) al cui interno sono fatti propagare fasci laser, riflessi da specchi per allungarne il percorso, e quindi ricombinati a formare una figura di interferenza. Quando un’onda gravitazionale attraversa l’interferometro produce una variazione nella lunghezza dei bracci, in particolare l’allungamento di uno e l’accorciamento dell’altro. Queste variazioni di lunghezza, pari a circa 1 miliardesimo di miliardesimo di m (1.000 volte più piccole del diametro di un protone), producono uno sfasamento della luce laser che viene osservato dal rivelatore.
La scoperta è stata resa possibile grazie ad Advanced LIGO, un importante aggiornamento tecnologico che ha aumentato la sensibilità degli strumenti di prima generazione dei rivelatori LIGO. Questo consente oggi di sondare un volume di Universo di gran lunga maggiore che in precedenza, e ha così permesso la scoperta delle onde gravitazionali durante la prima fase di osservazione. Anche l’interferometro per onde gravitazionali VIRGO sta ultimando l’implementazione delle nuove tecnologie della fase Advanced VIRGO, che ne aumenteranno la sensibilità. I lavori si concluderanno nella seconda metà del 2016, quando VIRGO, nell’ambito degli accordi LIGO-VIRGO per il coordinamento delle campagne di presa dati, entrerà in funzione. Quando a fine anno Advanced VIRGO si unirà ai due LIGO, si formerà una rete mondiale di rivelatori avanzati che permetterà di capire da quale parte del cielo è arrivato il segnale registrato.
Testo redatto su fonte INFN dell’11 febbraio 2016
Annunci dell’11.02.2016:
Observation of Gravitational Waves from a Binary Black Hole Merger – Physical Review Letters
Gravitational waves, Einstein’s ripples in spacetime, spotted for first time – Science
Per approfondimenti su LIGO:
– www.ligo.caltech.edu
– LIGO: The Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory
– Advanced LIGO
Per approfondimenti su VIRGO:
– www.virgo-gw.eu
– VIRGO: a laser interferometer to detect gravitational waves
– Advanced VIRGO: a second-generation interferometric gravitational wave detector
Image credit: S. Ossokine, A. Buonanno (MPI for Gravitational Physics)/W. Benger (Airborne Hydro Mapping GmbH)
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TECNOLOGIE FOTONICHE
Un nuovo tipo di luce con polarizzazione variabile nel tempo di impulso, potrebbe trovare applicazioni nel campo medico e per aumentare le prestazioni di sistemi lidar e radar
20.11.2015
Testo dell’articolo
Ora un gruppo di ricerca internazionale ha condotto uno studio, pubblicato sulla rivista “Light – Science & Applications” nell’articolo “Polarization shaping of Poincaré beams by polariton oscillations“, in cui viene realizzato sperimentalmente un nuovo tipo di luce che alterna tutte le polarizzazioni possibili nella durata di un centesimo di miliardesimo di secondo. Il team è guidato da Daniele Sanvitto, coordinatore del gruppo di Fotonica Avanzata dell’Istituto di Nanotecnologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche (NANOTEC-CNR) di Lecce, in collaborazione con SPIN-CNR di Roma Tor Vergata, Universidad Autónoma de Madrid, Nanyang Technological University (NTU) di Singapore e Russian Quantum Center di Mosca.
Con questa ricerca sono stati realizzati degli impulsi ultraveloci in cui la luce mantiene invariata la sua energia pur cambiando continuamente tutti i possibili stati di polarizzazione del fotone. Le principali tecniche di “pulse shaping” utilizzate fino ad ora si basavano su una combinazione complessa di modulatori di fase a cristalli liquidi e algoritmi di programmazione, che determinano restrizioni sulla velocità di cambiamento e sulla compattezza del possibile dispositivo. Partendo dal principio più semplice e universale delle oscillazioni di Rabi (dal nome del fisico austriaco Isidor Isaac Rabi, Premio Nobel nel 1944), il risultato ottenuto dai ricercatori è scalabile a qualsiasi ordine temporale e piattaforma, non solo ottica. Esso è stato implementato in modo compatto, utilizzando i polaritoni, speciali particelle che si formano quando la luce si accoppia con gli elettroni eccitati in un semiconduttore. Regolando due impulsi di eccitazione con polarizzazione circolare opposta, il dispositivo emette un impulso in cui la polarizzazione cambia in tutte le sue forme (circolare, lineare ed ellittica) in un 1/100.000.000.000 (centomiliardesimo) di secondo.
Un ambito in cui questo tipo di luce potrebbe trovare importanti applicazione è il campo medico, sia per la diagnostica in fibra ottica, aumentando l’efficienza di identificare patologie, sia per i trattamenti con laser selettivi, come quelli per uso dermatologico e dentistico. Oppure, estendendo il principio delle oscillazioni di Rabi ad altre piattaforme tecnologiche, il risultato potrebbe aumentare le prestazioni di sistemi lidar e radar per il telerilevamento e il monitoraggio dell’atmosfera.
Testo redatto su fonte CNR del 17 novembre 2015
Per approfondimenti: Polarization shaping of Poincaré beams by polariton oscillations – Light: Science & Applications | 06.11.2015
Image credit: Light – Science & Applications (2015) DOI: 10.1038/lsa.2015.123
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IMAGING OLOGRAFICO
Registrati per la prima volta video-ologrammi di scene dinamiche nella regione del THz, una tecnologia per soluzioni innovative con ricadute in numerosi settori
11.10.2015
Testo dell’articolo
In particolare, i ricercatori hanno dimostrato la capacità dell’olografia nel THz di ricostruire, in real-time, l’informazione di ampiezza e di fase del fronte d’onda proveniente dal campione in esame, riuscendo a ricostruire anche immagini di oggetti nascosti dietro materiali opachi. Il risultato è stato ottenuto utilizzando come sorgente un laser compatto di ultima generazione, denominato Laser a Cascata Quantica o QCL (Quantum Cascade Laser), e una camera microbolometrica come rivelatore.
L’utilizzo della radiazione THz permette di ottenere soluzioni innovative e sviluppare tecnologie con ricadute pratiche in numerosi settori d’interesse, come ad esempio il controllo qualità dei processi industriali, il miglioramento della sicurezza di bagagli e persone in aeroporti o stazioni e le analisi mediche. In un futuro prossimo potrebbe essere possibile effettuare analisi di cellule tumorali in modo sicuro per la salute, grazie al fatto che questo tipo di radiazione viene assorbita dall’acqua senza danneggiare i tessuti biologici, a differenza di quanto accade invece per le radiazioni più energetiche, al momento anche le più comunemente utilizzate.
Testo redatto su fonte CNR del 6 ottobre 2015
Per approfondimenti: Real-time terahertz digital holography with a quantum cascade laser – Scientific Reports | 28.08.2015
Dimostrazione della tecnica di imaging olografico “real time” con un oggetto visibile e lo stesso coperto da uno schermo di materiale plastico non trasparente:
www.nature.com/article-assets/npg/srep/2015/150828/srep13566/extref/srep13566-s1.swf
Image credit: Nature Photonics (2011) DOI: 10.1038/nphoton.2011.11
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TECNOLOGIE LASER
Sviluppata dal CNR una tecnica innovativa per generare sorgenti laser in grado di emettere contemporaneamente diverse frequenze distinte e perfettamente equidistanti
30.09.2015
Testo dell’articolo
I ricercatori dei laboratori di Pozzuoli sono riusciti a generare pettini di frequenza inviando il fascio di un laser che emette una singola frequenza su un cristallo non-lineare progettato per generare luce con frequenza doppia rispetto a quella del laser: in questo modo la luce infrarossa, invisibile per l’occhio umano, viene convertita in luce visibile di colore verde.
Poiché il cristallo è anche posto dentro una cavità ottica (costituita da due specchi parzialmente riflettenti), quando viene illuminato da un fascio laser attraverso il primo specchio, al suo interno si generano migliaia di nuovi colori che possono essere poi separati facendo passare la luce che esce del secondo specchio attraverso un prisma. Si innesca cioè una cascata di processi secondari che portano alla generazione di pettini con alcune migliaia di “denti” perfettamente ordinati intorno alla frequenza laser originale.
L’importanza dei pettini di frequenza risiede nel fatto che essi hanno radicalmente rivoluzionato il modo di misurare il tempo e la frequenza, aprendo la strada alla sviluppo di orologi atomici molto più precisi di quelli fino ad allora usati (la loro prima realizzazione da parte di John L. Hall e Theodor W. Hänsch ha valso loro il Premio Nobel per la Fisica nel 2005, condiviso con Roy J. Glauber), mentre continua la ricerca di tecniche più efficienti per la loro generazione. Dalla loro introduzione i pettini di frequenza sono diventati un elemento fondamentale per numerose applicazioni in ambito medico, ambientale e per le telecomunicazioni, e, non ultimo, per il Global Position System (GPS), il sistema di posizionamento globale.
Oggi, in particolare, i pettini di frequenza vengono utilizzati nella realizzazione di sensori per diagnosi cliniche o per il monitoraggio ambientale, e il loro uso può semplificare le tecniche di trasmissione e ricezione nelle reti di comunicazioni in fibra ottica. Pettini di luce sono alla base dei sistemi di disseminazione dei segnali che scandiscono il tempo e vengono comunemente impiegati dagli astrofisici per la misura accurata dei segnali provenienti dal cosmo. La semplicità del sistema ideato e la maggiore efficienza intrinseca dei materiali impiegati dai ricercatori dell’INO-CNR aprono allo sviluppo di una nuova classe di dispositivi ottici dalle caratteristiche eccezionali.
Testo redatto su fonte CNR dell’8 settembre 2015
Per approfondimenti: Frequency comb generation in quadratic nonlinear media – Physical Review A | 29.06.2015
Image credit: Amplitude Technologies/Laboratori Nazionali di Frascati (INFN)
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TECNOLOGIE FOTONICHE
Una ricerca del PoliFAB apre nuovi scenari per lo sviluppo di dispositivi optoelettronici di nuova generazione, sempre più piccoli, veloci e a basso consumo energetico
21.09.2015
Testo dell’articolo
Ricercatori del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria (DEIB) del Politecnico di Milano (PoliMI) hanno scoperto cosa succede sulla superficie di una guida ottica di silicio in presenza di luce. Il passaggio dei fotoni crea un elevatissimo numero di cariche elettriche sulla superficie, in misura cento volte maggiore di quanto avvenga all’interno della guida stessa. Una sorta di pellicola metallica estremamente sottile (pochi atomi) ad altissima conducibilità che avvolge tutta la guida modificandone sensibilmente le caratteristiche ottiche ed elettriche. In sostanza, sulla superficie il silicio non si comporta più da semiconduttore, ma diventa quasi metallico. Il fenomeno è estremamente rapido ed efficiente: le cariche superficiali si generano istantaneamente per effetto della radiazione luminosa e spariscono rapidamente in assenza di questa, consentendo un controllo ultraveloce delle proprietà del materiale attraverso impulsi ottici di bassa intensità.
Descritto su Nature Communications nell’articolo “Light-induced metal-like surface of silicon photonic waveguides”, lo studio apre nuovi scenari per la realizzazione di dispositivi optoelettronici di nuova generazione, sempre più piccoli, veloci e a basso consumo energetico. Questa scoperta, quindi, non solo costituisce un notevole passo avanti nella comprensione dei fenomeni di interazione luce-materia su scala nanometrica, ma può essere sfruttata per sviluppare dispositivi di nuova concezione basati su effetti di superficie, come rivelatori ottici ultraveloci e trasmettitori ad elevatissima efficienza energetica, elementi fondamentali per consentire trasmissione dati ad elevatissima capacità tra microprocessori nei computer di futura generazione.
Sviluppata al Photonic Devices Lab del PoliFAB, il nuovo centro di micro e nanotecnologie del Politecnico di Milano, la ricerca è stata condotta nell’ambito del BBOI (Breaking the Barriers of Optical Integration), il progetto europeo, coordinato dal Politecnico di Milano, che ha tra i suoi principali obiettivi quello di creare le condizioni per favorire lo sviluppo e l’integrazione delle tecnologie fotoniche.
Testo redatto su fonte Politecnico di Milano del 15 settembre 2015
Per approfondimenti: Light-induced metal-like surface of silicon photonic waveguides – Nature Communications | 11.09.2015
Photonic Devices Lab: photonics.deib.polimi.it – PoliFAB: www.polifab.polimi.it – Progetto BBOI: www.bboi.eu
Image credit: DFIS/PoliMI
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RADIAZIONE DI SINCROTRONE
Nel 2016 inizieranno le attività di ricerca di SESAME, l’infrastruttura basata su una sorgente di luce di sincrotrone per applicazioni avanzate in vari campi della Scienza
08.05.2015
Testo dell’articolo
Il principio di funzionamento consiste in questo: se elettroni, accelerati a una velocità prossima a quella della luce, circolano in un anello seguendo una traiettoria circolare, emettono radiazione elettromagnetica, chiamata luce di sincrotrone. La luce di sincrotrone, che copre un intervallo estesissimo di lunghezze d’onda, dall’infrarosso ai raggi X, è convogliata in diverse linee di luce (beamlines) che, selezionandone l’energia, permettono di realizzare esperimenti su materiali vari, da atomi isolati a organismi viventi, allo scopo di comprendere la struttura e la funzione dei componenti della materia.
Le linee di luce di SESAME permettono, per esempio, di studiare la struttura delle proteine a livello atomico, fornendo linee guida per lo sviluppo di nuovi farmaci: queste ricerche hanno portato a quattro Premi Nobel dal 1997. Saranno utilizzate per lo sviluppo di applicazioni in scienze dei materiali e in scienze ambientali su scala micrometrica, come nella progettazione di nuovi materiali e nella produzione di catalizzatori dalle prestazioni migliori, che possono trovare impiego, per esempio, nell’industria petrolchimica. Inoltre, consentirà l’identificazione, in modo non invasivo, della composizione chimica di fossili e di preziosi dipinti. Una prospettiva promettente, poi, è quella dell’imaging in tempo reale delle cellule viventi.
Il progetto SESAME ha avuto origine a metà degli Anni 90 del secolo scorso per promuovere non solo la ricerca di eccellenza, ma anche la cooperazione scientifica. Oggi, sotto l’egida dell’UNESCO e con il supporto della comunità mondiale, SESAME rappresenta un brillante esempio di impegno globale, che vede lavorare insieme stati che non si erano mai seduti allo stesso tavolo per un progetto scientifico: Autorità Nazionale Palestinese, Bahrain, Cipro, Egitto, Iran, Israele, Giordania, Pakistan e Turchia. Inoltre, vi collaborano Italia, Francia, Spagna, Brasile, Cina, Germania, Grecia, Giappone, Kuwait, Russia, Svezia, Svizzera, Stati Uniti e Gran Bretagna. L’Italia vi partecipa con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), Sapienza Università di Roma e Città della Scienza.
Testo redatto su fonte INFN del 6 maggio 2015
Per approfondimenti su SESAME: www.sesame.org.jo
Image credit: SESAME
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TECNOLOGIE LASER
CNR: sviluppata un’avanzata tecnologia laser basata sulla tecnica spettroscopica SCaR per misurare con elevatissima precisione il radiocarbonio presente nell’atmosfera
13.12.2014
Testo dell’articolo
“La nuova metodologia si basa su una tecnica spettroscopica ad altissima sensibilità, denominata SCaR (Saturated-absorption Cavity Ring-down), che consente di misurare direttamente il numero di molecole di CO2 contenenti l’atomo di radiocarbonio presenti in atmosfera”, ricorda Paolo De Natale, direttore dell’INO-CNR e responsabile del gruppo di ricerca. “Lo strumento da noi brevettato ha diversi vantaggi. È portatile, occupando uno spazio di quasi 100 volte inferiore rispetto agli apparecchi finora utilizzati, ed è più economico di almeno 10 volte. Inoltre può essere usato con diversi tipi di molecole”. La tecnologia è ora in fase di sviluppo, nell’ambito dell’accordo di collaborazione tra l’Istituto e la società americana.
“Il metodo SCaR utilizza gli effetti non lineari che spesso si osservano quando si studia la materia, in questo caso le molecole, con luce laser”, precisa Giovanni Giusfredi, ricercatore INO-CNR. “Questi effetti, che richiedono specchi ad alta riflettività per aumentare l’intensità di luce nel gas, sono invece evitati dalle tecniche standard fino ad oggi utilizzate. SCaR rappresenta in un certo senso la ‘pietra d’angolo scartata dai costruttori’, necessaria per identificare il bassissimo segnale utile a identificare le particelle di 14CO2 dal cosiddetto rumore di fondo”. “La tecnologia sviluppata dal CNR è rivoluzionaria e capace di fornire una misura verificabile delle emissioni di CO2 prodotte da combustibili fossili”, conclude Bruno DV Marino, ceo di Planetary Emission Management Inc. “Questo nuovo sensore cambierà il nostro approccio per la gestione delle emissioni di CO2, creando un sistema globale di misura dell’anidride carbonica essenziale per la comprensione e la gestione dei cambiamenti climatici. Altre possibili applicazioni riguardano la sicurezza e la datazione dei reperti archeologici, nei quali il radiocarbonio rappresenta l’indicatore più attendibile”.
Testo redatto su fonte CNR del 12 dicembre 2014
Image credit: CNRAWebTv, 2014
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TECNOLOGIE LASER
L’ENEA sviluppa BILLI, un avanzatissimo radar-laser che sarà utilizzato per migliorare le previsioni delle eruzioni vulcaniche e per altre applicazioni in ambienti ostili
27.11.2014
Testo dell’articolo
Il radar-laser è stato messo a punto nell’ambito del progetto europeo BRIDGE (BRIDging the gap between Gas Emissions and geophysical observations at active volcanoes) dell’European Research Council (ERC), coordinato dal Prof. Alessandro Aiuppa dell’Università di Palermo e denominato BILLI (BrIdge voLcanic LIdar). BILLI è in grado di misurare fino ad un chilometro di distanza e, grazie ad un sistema di specchi, il fascio laser può essere orientato in qualsiasi direzione, mirando con precisione la zona di pennacchio vulcanico da investigare. I primi test sul campo sono stati fatti dal 13 al 17 ottobre scorso presso la solfatara di Pozzuoli con il supporto dei ricercatori del Laboratorio di Chimica Ambientale dell’ENEA del Centro Ricerche Portici. La tecnologia radar laser di BILLI si presta anche ad altre applicazioni in ambienti ostili, come i luoghi dove si è sviluppato un incendio o in contesti industriali o cittadini dove ci sono emissioni dovute a processi di combustione.
Testo redatto su fonte ENEA del 25 novembre 2014
Image credit: ENEAWebTv, 2014
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SUPERCONDUTTORI
Superconduttori ad alta temperatura critica: manipolate alcune delle proprietà elettroniche utilizzando una tecnica basata sull’applicazione di brevi impulsi di luce
13.07.2014
Testo dell’articolo
Ottenere la superconduttività a temperatura ambiente è, infatti, uno dei traguardi più affascinanti della fisica della materia condensata. Tra i candidati più studiati per raggiungere questo obiettivo ci sono una famiglia di materiali ceramici, basati su ossidi di rame, che manifestano una serie di proprietà elettroniche tuttora non spiegate. Grazie alla collaborazione internazionale con istituzioni tedesche, svizzere, americane e canadesi, un team di scienziati italiani provenienti dal laboratorio I-LAMP dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (Brescia), dal laboratorio T-Rex del Sincrotrone Elettra (Trieste), dal Dipartimento di Fisica dell’Università degli Studi di Trieste e dalla SISSA (Trieste), hanno gettato nuova luce su una della fasi più misteriose di questi materiali: la cosiddetta fase Pseudogap.
“È stata dimostrata la possibilità di utilizzare impulsi di luce per manipolare le proprietà di questa fase della materia e creare uno stato metallico che non esiste in natura e che dura per un tempo dell’ordine di pochi picosecondi (1 ps=0,000000000001 s). Questa nuova scoperta avrà un importante impatto nello sviluppo di nuove teorie che possano spiegare il fenomeno della superconduttività ad alta temperatura”, spiega Claudio Giannetti, ricercatore della Cattolica.
I superconduttori sono materiali futuristici che avranno, sperabilmente, un ampio spettro di applicazioni tecnologiche nel futuro (imaging medico, trasporti…). L’uso oggi è limitato dalle temperature bassissime (prossime allo zero assoluto) necessarie al manifestarsi del fenomeno della superconduttività, ma esistono alcune famiglie di questi materiali che funzionano a temperature “relativamente” alte (circa – 200° C), sulle quali l’attenzione degli scienziati si sta concentrando. Fra queste ci sono i superconduttori basati sul rame, che presentano caratteristiche molto singolari.
Testo redatto su fonte Università Cattolica del Sacro Cuore dell’11 luglio 2014
Per approfondimenti: Photo-enhanced antinodal conductivity in the pseudogap state of high-Tc cuprates – Nature Communications | 11.07.2014
Image credit: Università Cattolica
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OPTOELETTRONICA
Politecnico di Milano e CNR hanno sviluppato la “cella fotovoltaica di spin”, un rivoluzionario dispositivo capace di svolgere molte più funzioni degli odierni transistor
24.06.2014
Testo dell’articolo
Lo spin è una proprietà fondamentale degli elettroni, prevista dalla fisica quantistica. Questa particolare caratteristica prevede che un elettrone si comporti come un minuscolo ago magnetico, che può avere due diverse configurazioni: quella in cui il “polo nord” punta verso l’alto è chiamata “spin-up”, mentre nel caso contrario è detta “spin-down”. A differenza di una comune cella fotovoltaica, che utilizza la luce per separare le cariche positive e negative all’interno di materiali semiconduttori quali il silicio e il germanio e produrre correnti elettriche, la cella fotovoltaica di spin è in grado di separare le cariche unicamente in base alla configurazione del loro spin (“up” o “down”).
Grazie a questa generazione di spin sarà possibile alimentare nuovi dispositivi nei quali verranno sfruttate sia le proprietà elettroniche sia le proprietà magnetiche delle singole cariche e che saranno quindi capaci di svolgere molte più funzioni degli odierni transistor. Si aprono così le porte ad una nuova era in cui luce, cariche elettroniche e spin potranno interagire in particolari circuiti opto-spintronici.
Testo redatto su fonte Politecnico di Milano del 23 giugno 2014
Per approfondimenti: Spin voltage generation through optical excitation of complementary spin populations – Nature Materials | 22.06.2014
Image credit: Nature Materials (2014) DOI: 10.1038/nmat4015
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TECNOLOGIE LASER
Un superlaser da 100 TW per studiare l’atmosfera: nei Laboratori di Frascati dell’INFN si indagano le interazioni tra laser e gas per utilizzi e applicazioni avanzate
25.03.2014
Testo dell’articolo
“La tecnologia laser ormai è conosciuta e impiegata comunemente – spiega Massimo Petrarca, primo firmatario dell’articolo – si usa un laser quando si ascolta un CD o per correggere la miopia, per fare un paio di esempi, ma l’avvento di laser estremamente potenti, sempre più compatti e con particolari caratteristiche dell’impulso di luce, come FLAME, apre la porta a un dominio di utilizzi e applicazioni avanzate, come ad esempio agli acceleratori di particelle del futuro, e sarebbe bello se tra qualche anno questi strumenti altamente tecnologici e affascinanti potessero essere impiegati stabilmente per la risoluzione di problemi d’interesse sociale”, conclude Petrarca.
Come funziona
Il fascio da 100 TW (centomila miliardi di watt) di FLAME viene inviato nel cielo sovrastante il Laboratorio INFN di Frascati per studiare gli effetti dell’interazione del laser ultrapotente con i gas dell’atmosfera. Durante queste operazioni i ricercatori sono sempre in contatto con i controllori di volo dell’Aeroporto di Ciampino. Il fascio laser di FLAME propagando nell’atmosfera, a causa della sua enorme potenza di picco, si divide in circa 1.000 microcanali di luce (fenomeno detto di filamentazione) che si estendono per centinaia di metri. Altri due fasci laser di diverso colore e di minor potenza vengono inviati insieme al laser principale per studiare gli effetti che quest’ultimo produce sull’atmosfera osservando con un telescopio equipaggiato con rivelatori molto sensibili (fotomoltiplicatori) la luce retrodiffusa dall’atmosfera.
Gli esperimenti condotti ai LNF grazie al superlaser FLAME stanno consentendo agli scienziati di ampliare le conoscenze sulla fisica delle interazioni tra gas e impulsi laser ultra potenti, nel caso della propagazione nell’atmosfera. Le grandi intensità trasportate da questi filamenti e la loro capacità di propagarsi quasi imperturbati su lunghe distanze rendono il loro studio interessante per molti aspetti che riguardano la fisica applicata.
Testo redatto su fonte INFN del 24 marzo 2014
Per approfondimenti: White-light femtosecond Lidar at 100 TW power level – Applied Physics B | 13.12.2013
Image credit: INFN
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TECNOLOGIE FOTONICHE
Un consorzio europeo, guidato dall’INFN, realizzerà in Romania ELI-NP, un’avanzata infrastruttura di ricerca dotata di una potentissima sorgente di radiazione gamma
19.03.2014
Testo dell’articolo
Si chiamerà ELI-NP (Extreme Light Infrastructure – Nuclear Physics) e sarà uno dei tre pilastri del progetto ELI, insieme alle strutture dedicate allo studio delle sorgenti secondarie ELI-Beamlines nella Repubblica Ceca e degli impulsi ad attosecondi ELI-ALPS (Extreme Light Infrastructure – Attosecond Light Pulse Source) in Ungheria. L’obiettivo principale di ELI è creare il più avanzato laser al mondo, dove saranno condotti progetti di ricerca che riguardano l’interazione della luce con la materia, a intensità elevatissime.
Il laboratorio ELI-NP è un impianto molto complesso che ospiterà due macchine dalle prestazioni estreme: si tratterà di una sorgente di raggi gamma, basata su di un acceleratore lineare di elettroni di alta intensità e un laser di elevata potenza. Le caratteristiche della sorgente saranno uniche e offriranno alla comunità scientifica internazionale nuove opportunità nella spettroscopia nucleare ad alta risoluzione ed elevata energia. Potrà svelare i meccanismi della nucleosintesi in astrofisica e potrà contribuire alla comprensione dell’origine degli elementi pesanti presenti in natura. Inoltre, si prevedono importanti applicazioni nelle tecnologie industriali nucleari per la gestione in sicurezza delle scorie e nello sviluppo di nuovi sistemi di produzione di isotopi medicali.
Testo redatto su fonte INFN del 19 marzo 2014
ELI Project: www.eli-laser.eu
ELI-NP: www.eli-np.ro , ELI-Beamlines: www.eli-beams.eu , ELI-ALPS: www.eli-alps.hu
Image credit: ELI Project
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TECNOLOGIE FOTONICHE
Accordo di collaborazione tra l’INFN e il SESAME per la costruzione di una sorgente di luce di sincrotrone in Giordania, la prima del Medio Oriente
27.11.2013
Testo dell’articolo
L’accordo, che formalizza la partecipazione dell’Italia, è stato siglato in occasione dell’11° meeting di SESAME, durante il quale è stato proposto a Giorgio Paolucci, dirigente di ricerca di Elettra Sincrotrone Trieste, il ruolo di Direttore Scientifico del progetto.
A SESAME, cui partecipano scienziati di Autorità Palestinese, Bahrein, Cipro, Egitto, Iran, Israele, Giordania, Pakistan e Turchia, l’Italia contribuisce attraverso l’INFN ed Elettra, che forniranno alcune componenti dell’acceleratore e avranno il compito di formare il personale nei propri laboratori. Elettra Sincrotrone Trieste ha già contributo a SESAME per conto dell’Italia fornendo una serie di importanti componenti a radiofrequenza. “La firma dell’accordo e l’incarico di responsabilità offerto a Paolucci – sottolinea Fernando Ferroni, Presidente dell’Infn – rafforzano la collaborazione tra il nostro Paese e SESAME”. “L’Italia – prosegue Ferroni – è un Paese osservatore con un ruolo oggi divenuto molto importante all’interno di un progetto che, al di là della sua validità scientifica, è significativo per la funzione che riveste nel costituire un terreno di incontro tra nazioni spesso molto distanti, che difficilmente trovano altri ambiti di collaborazione oltre a quello scientifico”.
La partecipazione italiana alla realizzazione di SESAME si concretizza anche attraverso un finanziamento da 1 milione di euro per l’anno 2013 accordato dal MIUR, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, sul Fondo ordinario dell’INFN. Il prossimo incontro del Council di SESAME sarà ospitato dai Laboratori Nazionali di Frascati dell’INFN in primavera: un’ulteriore conferma del ruolo svolto dal nostro Paese.
Testo redatto su fonte INFN del 27 novembre 2013
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PLASMONICA
Sviluppati gli “isolanti topologici”, nano-materiali in grado di far propagare segnali luminosi ed elettrici su distanze macroscopiche senza incontrare ostacoli
03.11.2013
Testo dell’articolo
La ricerca si è concentrata sugli isolanti topologici, materiali che hanno proprietà di isolanti elettrici al loro interno, ma presentano, invece, caratteristiche metalliche sulla superficie. E’ stato investigato lo strato metallico dello spessore di pochi nanometri che si forma spontaneamente sulla superficie di separazione tra il materiale e il vuoto: su questa interfaccia si muovono elettroni senza massa, i cosiddetti elettroni di Dirac, che si sono dimostrati in grado di trasportare corrente elettrica in modo ottimale, superando le barriere della diffrazione e dell’attrito.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Nanotechnology in “Observation of Dirac plasmons in a topological insulator“, ha permesso di superare un importante limite applicativo in quanto prefigura la possibilità di propagare corrente e segnali luminosi anche a temperatura ambiente. Nei metalli convenzionali, le proprietà delle onde plasmoniche a temperatura ambiente degradano fortemente per effetto degli urti degli elettroni nel materiale che li ospita. La ricerca dimostra invece che i plasmoni formati dagli elettroni di Dirac negli isolanti topologici non subiscono effetti di degradazione delle loro proprietà e possono propagarsi anche a temperatura ambiente: una scoperta che può potenzialmente rivoluzionare il settore della trasmissione di informazioni.
Testo redatto su fonte CNR del 30 ottobre 2013
Per approfondimenti: Observation of Dirac plasmons in a topological insulator – Nature Nanotechnology | 21.07.2013
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